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giovedì 14 giugno 2012

L'omosessualità e il mito dell'innaturale

Talvolta mi trovo a dover spiegare perché l'omosessuale non è contro natura e che tale definizione deriva da uno stupido dogma di matrice religiosa e fondamentalista che ha influenzato anche i non credenti.

Essere in-naturali significa piuttosto non seguire le proprie pulsioni, reprimerle; credere che al mondo dobbiamo essere tutti uguali, ovvero, in questo caso, che tutti dovremmo sposarci, scopare ed avere figli solo per mandare avanti la specie. Manco fossimo delle macchine! Penso che nemmeno Darwin fosse così rigido.

Al mondo, che è bello perché vario, c'è chi può, chi non può, chi vuole e chi non vuole avere figli. C'è anche chi vuole adottarli o chi invece decide di diventare prete, suora o di seguire la propria carriera. La naturalità risiede proprio in questo, nell'equilibrio tra le parti e nella libertà individuale di essere sé stessi. Ed infatti è dimostrato anche dal fatto che al mondo siamo sempre di più nonostante questa varietà sociale.

Ci sarà sempre chi vorrà avere figli, non temete! Ma vi saranno sempre persone che possono o non possono, che vogliono o che non vogliono avere figli per le più disparate ragioni che vanno al di là dell'omosessualità. Ma si prende sempre e solo di mira l'omosessuale perché la chiesa ha contribuito a diffondere questo sentimento d'odio ingiustificato. A me sembra solo cattiveria gratuita.

E non venitemi a dire: 'se al mondo fossimo tutti omosessuali allora...'. NO! Non esisterebbe mai un mondo di soli omosessuali così come non esisterà mai un mondo di soli eterosessuali. Sarebbe un puro non-senso. Come dire: 'se al mondo fossimo tutte donne...' o 'se al mondo fossimo tutti uomini...'. Ci arrivate a capire che è un discorso ipocrita, un'ipotesi senza senso?

L'omosessuale segue la sua natura senza fare male a nessuno così come dovrebbe fare l'eterosessuale. Invece stanno tutti lì a sparare sentenze al vento, facendosi i paladini di una naturalità fasulla e marcia. Ergendosi a giudici di una moralità infarcita di dogmi; il dogma della presunta 'normalità' in cui tutti dovremmo essere dei robot.

Non so voi, ma io mi sento naturale per il solo fatto che posso amare, anche se non   trombo con le donne al solo scopo di avere dei figli, come invece vorrebbe la chiesa (che non è certo 'portatrice di prole', si sa).

-NeOm-



Immagine acquisita da www.quibrescia,it

mercoledì 13 giugno 2012

La TV e le offese di 'prima' e 'seconda' categoria

Un post breve per una riflessione breve. A seguito della discussione fin troppo abusata sulle parole di Cassano, mi è venuta in mente una cosa:

In diversi programmi TV, per es Grande Fratello, Forum, SanRemo e via dicendo, le bestemmie sono sempre state (giustamente) punite con l'esclusione dei concorrenti.
Ma allora mi chiedo, perché sfoderare una morale di ferro solo per questioni religiose e poi quando si sente dire un Cassano 'sono froci. Sono froci, mi auguro che non ci siano' (rispondendo alla domanda dei giornalisti circa la possibilità che in nazionale ci siano ben due gay) non si fa proprio nulla?
Ora: a parte il fatto che non dovrebbe importare a nessuno quanti gay ci siano in nazionale, c'è qualcosa di ben più destabilizzante. Perché il trattamento televisivo riservato alla bestemmia non viene adottato anche verso termini quali frocio e simili? Esistono offese di serie A e offese di serie B?
La cosa più raccapricciante non è la nota ignoranza di Cassano che ben poco mi offende, bensì la domanda rivoltagli dai giornalisti esclusivamente con lo scopo di ottenere quella risposta. Le risate di gusto degli intervistatori testimoniano la riuscita dell'impresa. Ma testimoniano anche il degrado della professione giornalistica e dell'intera televisione.
Alla base vi è sempre e comunque l'ipocrisia di noi italiani che vogliamo fare i moralisti solo quando ci fa comodo, decidendo cosa si può offendere e quali offese possiamo ritenere tollerabili.
In televisione e nel campo del giornalismo non dovrebbero essere ammesse offese di alcun tipo in quanto sono fonti di notizia che non dovrebbero fomentare l'odio ma solo informare. Ma a quanto pare la professionalità è virtù di pochi.

NeOm

domenica 10 giugno 2012

Universali etici e volontà personale

Universali etici: si può veramente parlare di universali etici? ovvero, è possibile determinare schemi dell'agire entro i quali tutti noi dobbiamo stare? Se così fosse, come possiamo essere certi di essere nel giusto? Siamo sicuri che vivere nel giusto significhi rispettare un sistema di valori imposto da qualcuno?

Passiamo a esempi comuni: 

La religione: in quest'ambito sembra che la volontà individuale sia come azzerata. Etichette quali cattolico e musulmano (ad esempio) sono già di per sé la porta d'ingresso ad un sistema di valori entro il quale si deve restare per essere considerati 'giusti'. Per essere cattolico devi credere in Dio e osservare i suoi precetti; per essere musulmano devi credere in Allah e osservare i suoi precetti. Ma i precetti di cui parliamo chi ce li impone veramente? Dove risiede in questo caso la spontaneità con la quale forse si dovrebbe credere in qualcosa solo perché dal profondo del proprio io si sente di doverci credere? 
Non sto parlando, come si potrebbe essere portati a pensare vista l'introduzione, che vi debbano essere necessariamente delle prove per credere in qualcosa. No. Questo no. Altrimenti non si potrebbe parlare di credenza, bensì di dimostrazione. E parlando di dimostrazioni ci avvicenderemmo nel terreno della scienza che poco ha a che vedere con quello della religione. 
Credere significa anche non aver bisogno di prove. Credere significa non mettere in dubbio ciò di cui siamo certi e su cui basiamo tutta la nostra vita. Che sia credenza nella religione, che sia credenza nell'infallibilità della scienza.
Ma mentre la scienza si basa più sulla dimostrazione e sulla verifica, nella religione parliamo di credenza propriamente detta; significa condurre la propria vita in pace con sé stessi senza sentire nemmeno il bisogno di verifica.
Ma se la credenza veramente significasse questo, che senso avrebbe chiamare credenza religiosa quella che si basa su 'dettami'? Questo, probabilmente molti non ne converranno, significa più obbedienza; stare entro i margini di schemi imposti.
Io non sono propriamente religioso; o meglio: non mi voglio definire in alcun modo. Piuttosto penso che la religione debba essere libertà individuale di comportarsi in base a quanto dal più profondo si sente. Senza che nessuno imponga nulla, senza che il credente imponga a sua volta i propri valori, senza che la scienza debba dominare anche questo campo.
Ma la credenza religiosa istituzionale non è nulla di tutto ciò. E' imposizione. E' attribuzione di norme comportamentali stabilite; non lascia spazio all'autonomia. Perciò questa non è credenza: è obbedienza.

Si badi bene che questo discorso non vuole essere una banale accusa alle istituzioni ecclesiastiche.. Vuole essere una riflessione su quanto la libertà individuale sia sempre messa sotto pressione e minacciata dagli schemi sociali in qualsiasi ambito. Che si sia religiosi o meno.

Proviamo a trasportare il caso della credenza religiosa anche nell'ambito dell'etica propriamente detta: ovvero quella generale. Quella del comportamento da assumere per essere buoni cittadini.
Anche in questo caso gli schemi non mancano. Voi direte: chiaro; una società anarchica non durerebbe parecchio, si tornerebbe allo stato di natura. E su questo sono d'accordo. Le norme costituzionali sono importanti e vanno osservate perché ci sia ordine sociale. Ma vi sono degli ambiti in cui difficilmente si può stabilire cosa è giusto e cosa sbagliato. Il senso della morale comune è sempre sottoposto a modifica, forse perché difficilmente si può stabilire cosa sia morale una volta per tutte, matematicamente. E qui torna il discorso della separazione tra discipline quali la scienza e la religione, ma anche tra la matematica e l'etica. 
Ma perché il cambiamento della mentalità comune si realizzi è necessario il dialogo tra le parti. Allo stesso tempo è importante non porre troppi vincoli alla libertà individuale; è necessario non fare troppe pressioni sugli individui onde evitare che i cittadini siano delle pedine -tutte uguali e con funzioni ben determinate.
Quello che voglio dire è che nel rispetto delle leggi costituzionali si dovrebbe lasciare all'individuo la possibilità di esprimersi come più opportuno egli crede. Senza che nessuno si senta superiore e in grado di giudicare l'altro. Senza che nessuno pensi di dover condannare comportamenti diversi dal proprio solo perché  diversi, e sentirsi in grado di affermare che sono sbagliati categoricamente o che il proprio giudizio è incontrovertibile. Anche qui vi sono delle somiglianze col tema della religione: l'autonomia viene minacciata.

La famiglia: 
sì, dovrebbe essere il primo gradino della riflessione, ma preferisco introdurre partendo dal generico, come ho fatto. Il focolaio domestico è sede di numerosi scontri tra chi ha visioni della vita differenti. Da piccoli si è educati ad osservare un'insieme di valori. Ma a cosa serve l'educazione? Sicuramente ad imparare ad essere autonomi. Ma quando poi siamo sulla strada dell'autonomia chissà perché ci continuano ad imporre norme, valori e comportamenti in nome dell'amore famigliare. Questo potrebbe essere pericoloso: quante volte abbiamo sentito di studenti che si sono uccisi perché non riuscivano a sostenere esami e pensavano di aver deluso la famiglia? Non vedevano altra via d'uscita. Sapevano che non sarebbero stati compresi. Sapevano che andare contro le norme imposte nel proprio nucleo famigliare significava creare una spaccatura irreparabile.
Può sembrare banale, ma le minacce alla propria autonomia sono di grande pericolo.

Omosessualità: 
qui ci sarebbero tante cose da dire. Ognuno ha una sua idea personale, ma inutile negare a quante pressioni sono sottoposti in genere i ragazzi omosessuali. Pressioni nell'ambito famigliare, domestico, religioso e ci metterei in mezzo anche quello scientifico per via delle discriminazioni sul lavoro.
Anche in questo caso le pressioni subite da chi si sentiva diverso e spregevole sono state spesso letali e hanno portato alla morte, al suicidio. 
Tutto questo perché si è diffusa la mentalità che 'omosessuale è contro-natura'.
Ma chi l'ha detto?
-L'ha detto il prete?
-L'ha detto la bibbia?
-E chi l'ha interpretata la bibbia?
-Gli stessi che hanno pensato di considerare validi alcuni scritti e altri no (vedi il vangelo di San Tommaso che non ammette istituzioni tra il credente e Cristo, ma che spinge ad un rapporto diretto e soggettivo, come dicevo prima).
-Gli stessi che hanno pensato quali scritti e quali interpretazioni erano le più valide.
-Gli stessi che hanno generato un senso d'odio nelle persone credendo di avere a disposizione dei mezzi per determinare cosa sia giusto e sbagliato in assoluto.
-Gli stessi che non pensano opportuno dire 'secondo me questo è giusto o sbagliato' ma che si sentono in grado di affermare solo 'questo è giusto', 'questo è sbagliato' e lo condannano.
L'omosessualità è sempre esistita sia nel mondo animale che in quello umano, la natura è piuttosto bilanciata da sé anche in questo... e chissà perché al mondo siamo sempre di più nonostante aumenti la percentuale di omosessuali che acquistano il coraggio di uscire allo scoperto e di non permettere che la propria autonomia venga minacciata. Perché non fanno del male a nessuno. E nessuno può permettersi di fargli del male minacciando la loro libertà. Libertà di credere in Dio anche se omosessuali; libertà di amare un altro uomo o un'altra donna senza essere giudicati solo perché il sistema di valori cattolico dice che è inopportuno.

Pressioni: sempre pressioni. Morte: talvolta portano a questo. In pochi si rendono conto di ciò. A meno che non si legga qualche testimonianza poi dimenticata nel giro di qualche giorno. Come quando al tg parlano di qualcuno che si è tolto la vita, e allora tutti fanno la faccia smunta per dimostrarsi sconcertati, ma poi dimenticano con nochalance perché tanto loro non hanno di questi problemi.

Anoressia: 
non avrei mai pensato di trattare questo punto, ma la lettura che sto facendo in questi giorni è stata forse l'ispiratrice di tutto questo discorso. Volevo essere una farfalla, il libro in cui Michela Marzano racconta la sua vita all'insegna delle pressioni paterne tratta questo argomento. Racconta di come le pressioni paterne l'hanno portata all'ossessione per il controllo. Controllo negli studi, che significava non accontentarsi mai ed essere sempre la migliore; controllo in amore...controllo nel cibo. Anoressia.
Non sto qui a raccontare il testo nei particolari perché toglierei il piacere di leggerlo a chi ne ha l'intenzione, e io consiglio vivamente di leggerlo anche a chi non ha problemi di anoressia perché insegna tanto. 
Posso solo dire che anche in questo caso le pressioni subite fin dall'infanzia hanno portato alla necessità di un controllo morale ed etico che ha significato anche la privazione del desiderio di mangiare. Perché le anoressiche non è vero che non hanno il desiderio di mangiare, dice la Marzano. Mettono a dura prova la loro volontà; e ci vuole grande sacrificio a soffocare la voglia di mangiare. Tutto questo perché la necessità di controllo diventa un'ossessione. Un'ossessione che in qualche modo si può trasmettere a livello famigliare: controllo in tutto, essere i migliori, essere sempre invidiabili e non fallire mai. Non cedere mai alle passioni sfrenate. Ma mentre si pensa di controllare sé stessi non si è consapevoli che è la società a controllare noi e il modo in cui dobbiamo vivere, che influenza le nostre scelte anche quando potremmo e dovremmo farle in assoluta libertà.

Ebbene sì, soffocare la libertà personale e permettere che il controllo degli altri si impadronisca della nostra anima e del nostro corpo è deleterio.

Sembra quasi un discorso relativista: 'non criticare la mia visione del mondo perché non ne hai i mezzi per dire che sono 'sbagliato''. In realtà è l'esatto opposto: si può pensare di non essere in accordo con la visione del mondo di qualcun'altro, lo si può convincere ad adottare la propria visione del mondo, è lecito. Ma sarà infine chi ha il diritto di scegliere che decide di lasciarsi convincere o meno. Questo significa dialogare, e non imporre. L'imposizione ha altre dinamiche e non conosce i termini 'secondo me'. Conosce solo l'imperativo: DEVI!

Non lasciamo che falsi imperativi ci portino via la nostra libertà e la nostra autonomia. E' forse quanto di più importante abbiamo, e non possiamo lasciare che la sua negazione ci conduca all'oblio. 

Neom



Immagine acquisita da www.psicosalute.com